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Pur non essendo più un tema di frontiera, il cloud resta il principale abilitatore della trasformazione digitale di qualsiasi azienda, indipendentemente dal settore e dalla dimensione. Lo confermano i dati: complice la crescente adozione dell’AI, il mercato del cloud in Italia ha registrato nel 2024 una crescita del 24%, con una componente di Public & Hybrid Cloud in espansione del 30% rispetto al 2023, per un valore assoluto di 4,8 miliardi di euro.
In questo articolo, affronteremo il tema della cloud transformation verso un modello cloud pubblico o con almeno una componente pubblica (public cloud, hybrid cloud, hybrid multicloud), evidenziando il percorso che adottiamo nei progetti e che permette alle imprese di ottenere il massimo valore possibile.

Le sfide della migrazione al cloud pubblico (o ibrido)

Per le aziende con un’infrastruttura IT consolidata e investimenti on-premise ancora da ammortizzare, la migrazione cloud è un passaggio delicato. In questo contesto non sorprende che il modello ibrido, ovvero una combinazione di risorse private e pubbliche interconnesse tra di loro e basate su una governance centralizzata, resti il preferito dalle aziende. Questo approccio, infatti, garantisce un ottimo controllo sui dati e un bilanciamento tra flessibilità e compliance normativa.

Sebbene le incertezze iniziali legate al cloud pubblico siano progressivamente crollate, il passaggio a infrastrutture e servizi gestiti da terze parti solleva ancora qualche legittimo interrogativo.

  • Sicurezza e disponibilità dei dati. Le aziende temono di perdere la riservatezza o l’accesso ai dati critici, nonché di subire un attacco cyber con impatti sui tempi di operatività. Oggi, un downtime non pianificato può arrivare a costare fino a 9.000 dollari al minuto.
  • Integrazione con i sistemi esistenti. La necessità di garantire continuità operativa e compatibilità con l’ecosistema IT aziendale si scontra con la complessità dell’integrazione stessa.
  • Costi operativi e prevedibilità della spesa. il modello pay-per-use, cavallo di battaglia del cloud pubblico, può trasformarsi in una variabile critica per le aziende con workload complessi, non permettendo loro di prevedere e quantificare la spesa a inizio progetto.

Queste sfide sono attuali oggi come lo erano dieci anni fa. Tuttavia, con un approccio strutturato e il supporto di consulenti esperti, le aziende possono cogliere appieno i vantaggi del cloud – tra cui scalabilità, modernizzazione e ottimizzazione delle risorse – riducendo al minimo i rischi.

Migrazione al cloud: i 3 passi per un processo sicuro ed scalabile

In Intesys Networking affianchiamo le aziende nel percorso di migrazione di applicativi, dati e workload verso soluzioni di cloud pubblico e ibrido, adottando un approccio strutturato che bilancia prestazioni, sicurezza e ritorno sull’investimento. Un esempio concreto è la nostra collaborazione con ARAG Italia, volta a modernizzare le applicazioni e l’infrastruttura aziendali sfruttando la sinergia di competenze tra Intesys e Intesys Networking in chiave di trasformazione Cloud Native.

BUSINESS CASE

Migrazione al cloud pubblico: il caso ARAG Italia

L’esperienza ci dice che ogni azienda ha esigenze ad hoc e, di conseguenza, che non esiste una strategia di migrazione cloud valida in ogni caso. Ciò che può essere standardizzato, invece, è il metodo sottostante, che ci permette di minimizzare i rischi e di ottimizzare tempi e costi, assicurando al contempo continuità operativa.

Ecco di seguito, i 3 passaggi suggeriti per un processo sicuro ed affidabile:

1. Analisi e definizione della strategia di migrazione cloud

Il primo passo è un’analisi approfondita dell’ecosistema IT dell’azienda per stabilire quali dati, applicazioni e workload debbano essere spostati nel cloud pubblico e con quale strategia. Non tutte le applicazioni o workload, infatti, devono necessariamente essere migrate: conviene adottare una logica risk-based, valutando attentamente i benefici dell’application modernization rispetto ai rischi e ai vincoli normativi. È inoltre essenziale condurre un’analisi approfondita sui livelli di sicurezza che andranno implementati e garantiti per tutelare la continuità operativa e i dati aziendali.

Le analisi forniscono delle basi solide su cui prendere decisioni chiave.

  • Modello cloud da adottare: pubblico, privato, ibrido o multi-cloud in base a esigenze di sicurezza, compliance e scalabilità;
  • Strategia di migrazione applicativa, scegliendo tra approcci come il lift & shift o il refactoring, ovvero la riprogettazione dell’applicazione sulla base di architetture e tecnologie Cloud Native;
  • Quali funzionalità, tecnologie, tool e misure di sicurezza adottare per garantire protezione da minacce cyber ed errori che possono minare la continuità operativa e/o la triade CIA del dato (riservatezza, integrità e disponibilità). La configurazione dei firewall, i backup, gli antivirus, l’application monitoring e la gestione dei permessi di accesso alla piattaforma per i vari tipi di utenti dipendono da questa analisi.
  • Quali servizi infrastrutturali acquistare per ottimizzare la spesa, valutando il modello di pricing degli hyperscaler per evitare sprechi e rendere i costi più prevedibili.

2. Creazione dell’infrastruttura di base (landing zone)

A livello operativo, il primo step consiste nel realizzare un’infrastruttura di base che funga da punto di partenza su cui costruire l’ambiente finale di produzione. È una fase determinante, poiché crea le fondamenta (virtuali) su cui poggerà la piattaforma cloud dell’azienda.

In questa fase vengono quindi acquisiti servizi di calcolo e di archiviazione, configurate le reti e stabilita una connessione sicura tra on-premise e cloud, utilizzando soluzioni come VPN o ExpressRoute (Microsoft). Sempre in questa sede vengono implementati e configurati servizi di sicurezza di base (es, firewall), per proteggere i flussi di traffico tra i diversi ambienti.

Va sottolineata l’adozione, in tutti i progetti che seguiamo, di un approccio graduale, che ci permette di ridurre il rischio e di ottimizzare i costi. Per esempio, la landing zone per l’ambiente di sviluppo può usare una sola VPN o essere basata su una dotazione minima di macchine virtuali e storage, per poi scalarle nell’ambiente di produzione in funzione della domanda reale.

3. Deploy in produzione e ottimizzazione continua dell’infrastruttura (e dei costi)

Una volta completati i test, le applicazioni vengono migrate nell’ambiente di produzione. In questa fase, l’infrastruttura cloud viene configurata in modo ottimale per gestire il carico effettivo delle applicazioni, garantendo una risposta scalabile alle necessità aziendali.

Le risorse di calcolo, archiviazione e rete vengono adattate alle reali esigenze operative, mentre vengono implementate misure di sicurezza avanzate per bilanciare efficacemente performance, costi e protezione dei dati.

Per garantire prestazioni ottimali e un troubleshooting rapido, in questa fase occorre inoltre implementare dei sistemi di monitoraggio delle performance, della disponibilità e del consumo dei servizi cloud. Tutto ciò, non solo in ottica di ottimizzazione continua delle prestazioni e della resilienza della piattaforma, ma anche per ottimizzare i costi. A tal fine, implementiamo delle sonde e definiremo delle soglie di spesa per evitare gli sprechi e garantire che le risorse siano utilizzate in modo ottimale e senza inefficienze.

SERVIZIO PROFESSIONALE

Migrazione al cloud

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Mattia Anversa

Autore Mattia Anversa

Sono System Engineer in Intesys Networking specializzato in ambito Microsoft e infrastrutture virtuali VMware. Supporto i Clienti ad approcciare le tematiche di sicurezza e li seguo nelle fasi di prevendita e startup di nuovi progetti.

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